Come regolarizzare gli immobili con la nuova sanatoria edilizia
Sanatoria edilizia: cosa cambia con il decreto Salva Casa?
Negli ultimi giorni, il settore immobiliare ha accolto importanti novità grazie al decreto Salva Casa, che introduce procedure semplificate per la regolarizzazione di abusi edilizi antecedenti al 1977, il recupero dei sottotetti e il cambio di destinazione d’uso. Si tratta di un cambiamento rilevante che interessa proprietari di immobili storici e vincolati, offrendo una maggiore flessibilità e riducendo gli ostacoli burocratici. Vediamo nel dettaglio cosa prevede questa nuova normativa e quali sono le opportunità per chi possiede un immobile da regolarizzare.
Un’unica domanda per più interventi edilizi
Una delle principali innovazioni introdotte dal decreto è la possibilità di presentare un’unica domanda per la sanatoria di difformità edilizie e per il cambio di destinazione d’uso. Questa semplificazione consente ai proprietari di ottenere un unico titolo abilitativo per entrambe le esigenze, evitando procedure separate e riducendo i tempi di attesa.
Per quanto riguarda il cambio di destinazione d’uso, sarà competenza dei singoli Comuni stabilire le condizioni che ne impediscono l’attuazione. Tuttavia, le regolamentazioni precedenti all’entrata in vigore del decreto non potranno essere utilizzate come riferimento per negare la richiesta.
Meno verifiche per le varianti edilizie storiche
Un altro aspetto fondamentale riguarda la semplificazione delle verifiche sui titoli edilizi pregressi. Se il proprietario è in grado di fornire gli estremi dei titoli originari, e questi risultano rilasciati dalla stessa amministrazione comunale, non sarà necessaria una nuova verifica da parte degli uffici competenti.
Questo aspetto è particolarmente importante per gli immobili vincolati, per i quali sarà possibile presentare un’unica richiesta coinvolgendo tutti gli enti competenti, come le Regioni e le Soprintendenze. Questo garantisce maggiore certezza sui tempi di risposta e agevola il completamento dell’iter amministrativo.
Recupero sottotetti e distanze minime
Il decreto introduce anche una maggiore flessibilità per il recupero dei sottotetti. Sarà possibile intervenire anche nei casi in cui non siano rispettate le distanze minime tra edifici e confini, a patto che l’immobile si trovi in un contesto già urbanizzato. Questa misura è valida anche nelle Regioni che hanno già adottato norme specifiche sul recupero dei sottotetti o che decideranno di farlo in futuro.
Inoltre, il decreto introduce una tolleranza edilizia che varia dal 2% al 6% per piccole difformità, come lo spostamento di muri, la nuova posizione di finestre o impianti, e piccoli ampliamenti, purché non configurino veri e propri abusi edilizi.
Sanatoria per le varianti edilizie antecedenti al 1977
Per chi possiede un immobile con varianti edilizie realizzate prima del 30 gennaio 1977, data di entrata in vigore della legge Bucalossi, il decreto prevede un’importante semplificazione: i Comuni non dovranno più verificare la conformità urbanistica. Questo vale per tutte le varianti eseguite nell’ambito di titoli edilizi rilasciati prima di quella data, anche se realizzate successivamente.
Sanzioni ridotte e tempi certi
Un altro elemento di interesse riguarda il regime sanzionatorio. In assenza di un aumento del valore venale dell’immobile, saranno applicate sanzioni minime. Negli altri casi, il pagamento sarà suddiviso in due fasi:
- Una quota iniziale al momento della richiesta di sanatoria;
- Un conguaglio successivo, calcolato sulla base della valutazione effettuata dall’Agenzia delle Entrate.
Cosa significa tutto questo per i proprietari?
Questa nuova normativa rappresenta una grande opportunità per chi possiede immobili con irregolarità urbanistiche e vuole mettersi in regola con maggiore facilità. Grazie alla semplificazione delle procedure, ai tempi certi e alla riduzione delle verifiche burocratiche, è ora più semplice intervenire su edifici storici e su immobili con piccoli abusi edilizi.
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Quando si decide di intraprendere lavori di ristrutturazione o interventi edilizi, è fondamentale essere informati sulle normative vigenti e sui documenti necessari per avviare i lavori. Tra questi, la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) rappresenta uno degli strumenti principali che permette di avviare progetti edilizi senza dover attendere un’autorizzazione esplicita da parte dell’amministrazione comunale. Ma cos’è esattamente la SCIA, quando è necessaria e quali costi e tempi comporta? In questo articolo, andremo a rispondere a queste domande fornendo una panoramica dettagliata per chiunque voglia affrontare interventi di ristrutturazione o altre opere edilizie.
Cos’è la SCIA in edilizia?
La SCIA è una dichiarazione che il proprietario di un immobile o un suo delegato presenta al comune competente per comunicare l’inizio di determinati interventi edilizi. Questa procedura è stata introdotta dal Decreto Legge 78/2010 e successivamente regolamentata dal D.Lgs. 222/2016. Grazie alla SCIA, è possibile avviare i lavori subito dopo la presentazione della documentazione, purché l’intervento rispetti le normative urbanistiche, edilizie e di sicurezza.
L’obiettivo della SCIA è quello di semplificare le procedure burocratiche per interventi edilizi che, pur avendo un impatto significativo, non richiedono un permesso di costruire. Tuttavia, non tutti i lavori possono essere eseguiti con una SCIA. Vediamo quindi quali sono le differenze con altri tipi di comunicazioni e quando questa è effettivamente necessaria.
Differenze tra SCIA e CILA
Nel mondo dell’edilizia, la CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) è un’altra procedura spesso utilizzata, ma con scopi differenti rispetto alla SCIA. Mentre la SCIA si applica a interventi più complessi, come ristrutturazioni significative o modifiche strutturali, la CILA viene utilizzata per lavori meno invasivi, come quelli di manutenzione straordinaria che non incidono sulla struttura portante dell’edificio. Per esempio, l’apertura di tramezzi interni non portanti o la sostituzione di infissi può essere eseguita tramite CILA.
Quando è necessaria la SCIA?
La SCIA è richiesta per una vasta gamma di interventi edilizi che comportano modifiche strutturali o di destinazione d’uso. Tra questi possiamo includere:
- Ristrutturazione edilizia: interventi che comportano modifiche sostanziali alla struttura di un immobile, come la demolizione e ricostruzione di pareti portanti o la realizzazione di ampliamenti volumetrici.
- Cambio di destinazione d’uso: se il cambiamento comporta variazioni urbanistiche rilevanti, come passare da residenziale a commerciale.
- Costruzione di manufatti rilevanti: come verande o tettoie di dimensioni non modeste.
- Restauro e risanamento conservativo: qualora comportino modifiche ai volumi o alle superfici dell’immobile.
- Nuove costruzioni o ampliamenti: se non soggette a permesso di costruire.
È importante notare che la SCIA non è necessaria per lavori di edilizia libera, come la tinteggiatura, la sostituzione di pavimenti o altre opere di manutenzione ordinaria.
Procedura e tempistiche della SCIA
Una delle caratteristiche principali della SCIA è che consente di iniziare i lavori immediatamente dopo la sua presentazione, senza dover attendere l’approvazione esplicita del Comune. Tuttavia, l’amministrazione comunale ha 60 giorni di tempo per verificare la conformità della documentazione presentata e, in caso di errori o irregolarità, può richiedere modifiche o sospendere i lavori.
Se entro questo termine il Comune non interviene, si attiva il cosiddetto “silenzio-assenso”, che conferma la validità della SCIA. Una volta ottenuto questo documento, si hanno fino a tre anni di tempo per concludere i lavori. Se i lavori non vengono completati entro tale termine, sarà necessario richiedere una proroga o presentare una nuova SCIA.
Chi può presentare la SCIA?
La SCIA può essere presentata dal proprietario dell’immobile o da chi ha diritto sull’immobile stesso, come un affittuario, purché autorizzato dal proprietario. In genere, la redazione e l’invio della pratica vengono affidati a un tecnico abilitato, come un geometra, un architetto o un ingegnere, che si occupa di verificare la conformità dell’intervento alle normative vigenti.
Costi della SCIA
Il costo della SCIA può variare notevolmente a seconda della complessità dell’intervento e delle tariffe stabilite dal Comune. In generale, si devono considerare due voci principali:
- Contributo di costruzione, stabilito dal Comune e che varia in base al tipo di intervento.
- Onorario del tecnico incaricato della predisposizione e presentazione della pratica.
I costi possono oscillare da poche centinaia a diverse migliaia di euro. Ad esempio, per una ristrutturazione standard, i costi della SCIA possono variare tra i 250€ e i 1000€. Tuttavia, in caso di presentazione tardiva, si aggiungono sanzioni, che ammontano a circa 516€. Esistono inoltre situazioni più complesse, come la SCIA in sanatoria, che viene richiesta per regolarizzare lavori già eseguiti senza le necessarie autorizzazioni. In questo caso, i costi possono salire fino a 5000€, a seconda della gravità dell’intervento abusivo.
Conclusioni
La SCIA è uno strumento fondamentale per chiunque desideri effettuare lavori edilizi di una certa rilevanza, semplificando l’avvio dei lavori e garantendo una procedura snella ed efficiente. Tuttavia, è sempre consigliabile rivolgersi a un tecnico qualificato per valutare se il proprio intervento richiede una SCIA o un altro tipo di autorizzazione. Inoltre, comprendere i tempi e i costi associati alla SCIA permette di evitare sanzioni e ritardi nella realizzazione del progetto.
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